Condivido con piacere un articolo di Roberto Barzanti pubblicato su La Nazione. Il motivo? Semplice. L’idea di Carlo Covati è nata qui, in galleria, in uno dei vari momenti in cui le chiacchiere, le idee, come i sogni rimbalzano da una testa all’altra pensando al migliore dei mondi possibiliIl.
Sempre in galleria la sceneggiatura di Massimo Biliorsi ha incontrato l’inchiostro ed il tratto di Riccardo Manganelli, settimana dopo settimana l’idea ha trovato concretezza, fino alla sua uscita pubblica a cura della casa Editrice Il Leccio. I meriti naturalmente sono tutti di chi ci ha messo la faccia e di chi ha prodotto la pubblicazione.
Sono felice di aver partecipato con piccole consulenze (ascoltate e realizzate!) e di questo ringrazio tutti i protagonisti di questa avventura. Naturalmente, con questo articolo, mi unisco al ringraziamento di tutti i protagonisti della graphic novel tutta senese a Roberto Barzanti.
“La giarrettiera”, Palio, sesso e gialli#
Massimo Biliorsi ama il mistero, meglio se condito di eros. Di lui non si contano le storie, le guide, i pezzi giornalistici che hanno a soggetto frammenti di una Siena avvolta nell’ombra, custode di vicende ieri come oggi indecifrabili.
Anche il Palio che mette in scena è sminuzzato in una miriade di aneddoti e non è esente da questa passionaccia di fondo. Brevi cronache a margine le sue: la turbolenta accoglienza di un drappellone sta alla pari con il trionfo imprevisto di un fantino all’esordio, il ricordo di un personaggio celebre accanto alla ricostruzione di una strategia memorabile.
Una vena spigliatamente bozzettistica schiva toni aulici e solenni, e la scrittura segue volute e svolazzi e svolte che la riscattano dall’ovvietà. La sua attrazione per il noir e per le inquietanti trame non ha niente a fare con la compiaciuta ricerca del magico e tanto meno con il sacro delle leggende.Era da prevedere che prima o poi si cimentasse, da sceneggiatore di talento qual è, in una “graphic novel”, genere che ora gode di uno straordinario apprezzamento. Non si tratta di un genere del tutto assimilabile al fumetto, né per ritmo di dialoghi, né per organicità della materia. Dà gran rilievo alla grafica, appunto, ad un disegno incaricato di trasmettere torbide atmosfere e saporose sorprese.
Così, partendo da un’idea di Carlo Covati (che mi guardo bene dal rivelare), e in compagnia di Riccardo Cerpi, Riccardo Manganelli (elegante disegnatore) e Daniele Capperucci, Massimo ha dato alle stampe per il Leccio “La giarrettiera”, con risultati di ardita finezza. Ardita perché le figure a tema sessuale abbondano, fine perché la vicenda è piena di riferimenti all’altro ieri: la Siena degli anni Settanta, dominata da “una borghesia – si legge nella didascalia introduttiva – allenata al ‘si dice che…’”. Il vizio non è morto, si è anzi ingigantito. Nel palio che ha per eroe Ciuffo i retroscena della carriera si mischiano con malcelati rapporti amorosi, l’inchiesta giudiziaria con azzardi di facoltosi notai.
L’effetto nostalgia è sollecitato immettendo nelle sequenze ritratti popolari. Chi non riconosce Linda che, affacciandosi dal suo ligneo sgabuzzino, non si esime dal commentare il giornale richiesto: “Eccoti ciccino, una prima pagina così a Siena non si era mai vista”.
Non mancano il prete Bani e il generale Barbarulli e il notaio Ginanneschi. Per essere fedele all’immaginario inciso nella mente spesso si ricorre alle foto di Augusto Mattioli. E l’album diventa anche un oggetto da sfogliare con punte di commozione. Che quando si inventano storie di palio i legami sentimentali di un fantino facciano da sottofondo allo svolgersi degli avvenimenti è quasi un obbligo.
Si pensi al più bel film che sia stato girato sulla celebrazione senese, al “Palio” di Alessandro Blasetti. Per di più il disegno imita con garbata originalità il Guido Crepax che amammo su “Linus”. Paola assomiglia dolcemente alla mitica Valentina.
E la scoperta del segreto del “pasticciaccio brutto” combinato la si deve a un minimo dettaglio, a un barbero, e all’evocazione di una giostra che risale ai primi del Novecento, a quando la festa indossò fogge neorinascimentali e si fece spettacolo piacevole proprio per quanti la sognavano in un mondo di congiure e ambizioni. In un Rinascimento per eccellenza popolato da crasse beffe e crudeli congiure, tramandate da una novellistica mossa da una sussultante vitalità.
— Roberto Barzanti (tratto da La Nazione del 18/12/2021)